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Intervento di Felice Mill Colorni postato nel forum del settimanale “Panorama” il 31 dicembre 2008 in risposta alle obiezioni rivolte a un articolo pubblicato da “Critica liberale” e rilanciato da numerosi siti e bloggers.

D’accordo che ormai le discussioni pubbliche in Italia assomigliano a discussioni fra coatti, ma quando si polemizza con qualcuno non sarebbe del tutto assurdo non dico leggere, che costa tempo e fatica, ma almeno scorrere, così, a volo d’uccello, per grandi linee, le tesi cui si vuole controbattere. Il mio vecchio articolo pubblicato anni fa da Critica liberale e recentemente riproposto da parecchi siti, fra cui Italia laica, e contro cui alcuni degli intervenuti in questo forum hanno più volte postato una difesa d’ufficio di Pio XI, non riguardava neppure lontanamente Pio XI, ma eventi verificatisi cinque anni dopo la sua morte: non il periodo in cui le leggi razziali fasciste venivano promulgate, ma il periodo in cui non furono immediatamente abrogate (come lo fu quasi tutta la legislazione più tipicamente fascista) dopo il 25 luglio del ’43, ma solo mesi dopo, e solo in esecuzione di una clausola dell’armistizio dell’8 settembre imposta all’Italia dagli alleati angloamericani. L’iniziale mancata abrogazione delle leggi razziali fasciste fu dovuta ad un passo diplomatico ufficiale della Santa Sede, dove allora regnava Pio XII (il successore di Pio XI). L’episodio è incontrovertibile, perché, come riferito nell’articolo “incriminato”, risulta dal carteggio fra l’allora cardinale Segretario di Stato di Pio XII, Luigi Maglione, e il negoziatore da questi incaricato di far presente al nuovo governo italiano che il Vaticano si opponeva all’integrale abrogazione delle leggi razziali, perché riteneva ancora che la parità di diritti fra cittadini cattolici ed ebrei (che era stata introdotta in Italia nel 1848) fosse un’aberrazione liberale. Come testualmente scriveva al cardinale il negoziatore da questi incaricato (l’eminente gesuita Pietro Tacchi Venturi), pur di fronte alle suppliche che gruppi di ebrei gli avevano rivolto, “mi limitai, come dovevo, ai soli tre punti precisati nel venerato foglio di Vostra Eminenza del 18 agosto [...] guardandomi bene dal pure accennare alla totale abrogazione di una legge [cioè delle leggi razziali, n.d.r.] la quale secondo i principii e le tradizioni della Chiesa cattolica, ha bensì disposizioni che vanno abrogate, ma ne contiene pure altre meritevoli di conferma”. Capisco che questa “confessione” sconcerti un’opinione pubblica italiana cui è stato fatto credere in questi anni che è stata la Chiesa cattolica a promuovere libertà e diritti umani, quando invece è stata la più feroce avversaria dei diritti umani e del liberalismo (la più feroce, almeno, fino al sorgere dei totalitarismi novecenteschi), come dovrebbe sapere chiunque abbia frequentato la scuola dell’obbligo. Ma qui non c’entra la responsabilità personale di Pio XI, che era già morto (e che, quando era Papa, aveva protestato con il governo fascista italiano solo perché le leggi razziali discriminavano anche gli ebrei che si erano convertiti al cattolicesimo), e non c’entra neppure la sola responsabilità personale di Pio XII: qui si tratta della posizione ufficiale, e del resto ribadita innumerevoli volte in quegli anni e nei decenni e nei secoli precedenti, della Chiesa cattolica ufficiale e dai suoi vertici. I clericali cercano di falsificare la storia come ai suoi tempi faceva l’Enciclopedia sovietica, cancellando pure le fotografie dei bolscevichi caduti in disgrazia. Purtroppo oggi sono in tanti a dar loro credito.


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