Discriminazioni
soavi
di Felice Mill Colorni
Nei
giorni
immediatamente successivi al 25 luglio 1943 il governo Badoglio
procedeva allo
smantellamento di gran parte delle leggi e delle strutture portanti del
regime
fascista. Si salvarono però le leggi di discriminazione
razziale contro gli
ebrei. Omissione stupefacente, dato che la politica antisemita del
fascismo non
era mai stata altrettanto popolare né aveva goduto dello
stesso consenso di
massa di cui aveva fruito il regime negli “anni del
consenso”.
La
principale ragione
di quell’omissione è ampiamente nota agli storici,
ma non all’opinione pubblica
anche qualificata ed informata, quell’opinione pubblica cui,
esibendo un
analfabetismo civile che sfida il grottesco, la maggior parte dei
giornalisti e
dei politici italiani vorrebbe far credere che la Chiesa cattolica sia
stata
per secoli antesignana e paladina dell’affermazione dei
diritti umani e della
“dignità della persona umana”, anche
indipendentemente dalle appartenenze
religiose.
La
mancata tempestiva
abrogazione delle leggi razziali fu dovuta principalmente
all’intervento del
Vaticano, tramite il padre Pietro Tacchi Venturi, uno dei
più eminenti gesuiti
del tempo, già grande tessitore della
“conciliazione” fra Papato e Italia
fascista, e intellettuale cattolico così autorevole e
qualificato da essere
stato imposto a Gentile nella redazione dell’Enciclopedia
italiana come
ufficioso controllore e supervisore cattolico.
Nella
sua veste di
rappresentante non ufficiale del Vaticano presso il governo italiano,
il 10
agosto 1943 Tacchi Venturi «scrisse al Segretario di Stato
della Santa Sede,
cardinale Luigi Maglione. Suggeriva di cogliere l’occasione
del rovesciamento
del vecchio regime per ottenere un cambiamento delle leggi razziali. Ma
quello
che aveva in mente l’inviato del Vaticano non era il
cambiamento delle leggi
antiebraiche. Anzi, rispecchiando le preoccupazioni di Pio XI di cinque
anni
prima, proponeva che il Vaticano prendesse l’iniziativa di
espungere solamente
le clausole che discriminavano gli ebrei convertiti al cattolicesimo.
Il 18 agosto
il cardinale Maglione rispose con entusiasmo a questa proposta,
presumibilmente
dopo averne discusso con Pio XII. Disse a padre Tacchi Venturi di fare
il
possibile per ottenere tre cambiamenti nelle leggi razziali: primo, le
famiglie
formate da coppie costituite da cattolici di nascita ed ebrei
convertiti al
cattolicesimo dovevano d’ora in poi essere considerate
pienamente “ariane”;
secondo, gli individui che si accingevano a diventare cattolici
all’epoca in
cui le leggi razziali erano entrate in vigore (1938) ed erano stati
successivamente battezzati dovevano essere considerati cattolici e non
ebrei;
terzo, i matrimoni celebrati fin dal 1938 tra cattolici di nascita e
cattolici
che fossero nati ebrei dovevano essere considerati validi dal punto di
vista
legale. Il 29 agosto padre Tacchi Venturi riferì di nuovo al
Segretario di
Stato. Dall’epoca della sua ultima lettera era stato
contattato da un gruppo di
ebrei italiani, che vivevano nel terrore dell’arrivo delle
truppe naziste.
Scriveva che lo avevano pregato di tornare completamente
“alla legislazione
introdotta dai regimi liberali e rimasta in vigore fino al novembre
1938”. In
breve chiedevano il ripristino delle leggi che garantivano agli ebrei
parità di
diritti. Ma, come riferiva l’inviato del Vaticano, aveva
respinto le loro
suppliche. Preparando la sua petizione al nuovo Ministro italiano degli
Interni, “mi limitai, come dovevo, ai soli tre punti
precisati nel venerato
foglio di Vostra Eminenza del 18 agosto [ ... ] guardandomi
bene dal pure
accennare alla totale abrogazione di una legge [cioè
delle leggi razziali] la
quale secondo i principii e le tradizioni della Chiesa cattolica, ha
bensì
disposizioni che vanno abrogate, ma ne contiene pure altre meritevoli
di
conferma”.» [Questa la ricostruzione di
David I. Kertzer, I papi contro
gli ebrei. Il ruolo del Vaticano nell'ascesa
dell’anti-semitismo moderno,
Rizzoli, pp. 302ss., corsivo mio; ma l’episodio non
è controverso].
In
conseguenza di
questo passo della Santa Sede, le leggi razziali fasciste contro gli
ebrei non
furono abrogate per un atto di volontà autonoma dello Stato
italiano
all’indomani della caduta del fascismo, ma solo
più tardi, e in esecuzione di
una clausola dell’armistizio dell’8 settembre
imposta all’Italia dagli alleati
angloamericani.
I
«principii e le tradizioni
della Chiesa cattolica», cui faceva riferimento Tacchi
Venturi nella sua
lettera, venivano da lontano. Come scrive lo storico Giovanni Miccoli,
«vi è,
preesistente e decisiva, l’idea che una
legislazione speciale rappresentava
un progresso, un passo avanti, rispetto all’egualitarismo
giuridico dell’età
liberale, e che quelle legislazioni speciali, opportunamente
corrette,
potevano costituire anch’esse una tappa per cancellare i
disordini creati da
una concezione falsa e pericolosa di libertà e di
uguaglianza.» [Giovanni
Miccoli, I dilemmi e i silenzi di Pio XII. Vaticano,
Seconda guerra
mondiale e Shoah, Milano, Rizzoli, 2000, corsivo mio].
In
un libro di sei anni
fa, che non ha avuto la risonanza che avrebbe meritato, Ruggero Taradel
e
Barbara Raggi hanno ricostruito questo coerente e ininterrotto
atteggiamento
della Chiesa cattolica ufficiale attraverso la vicenda di un secolo di
storia
di quell’organo ufficioso della Santa Sede che era ed
è la “Civiltà cattolica”
[La segregazione amichevole. “La Civiltà
Cattolica” e la questione ebraica
1850-1945, Roma, Editori Riuniti, 2000].
“Segregazione
amichevole”, discriminazione “soave”
(come allora scrivevano i padri gesuiti) e
senza più persecuzione, riproposizione di pregiudizi e
stereotipi secolari
anche se questi possono essere presi a pretesto per attacchi violenti o
per
istigazione all’odio sociale da parte di imprenditori
politici razzisti e
populisti, contemporaneo e un po’ ipocrita riconoscimento
della necessità di
rispettare (e tutelare dalla violenza così stimolata)
individui ancora oggetto
di pregiudizi diffusi, purché non pretendano però
parità di diritti: tutto
questo ricorda qualcosa di maggiormente legato
all’attualità?
Quel
che non si fa più
con gli ebrei è esattamente quel che la Chiesa cattolica e i
politici a lei
maggiormente asserviti dicono, propongono e interdicono oggi per gli
omosessuali.
Gli
italiani vivono, da
anni, sotto una campana mediatica che fa loro apparire normale quel che
in una
democrazia liberale normale non è. E come tutti i popoli che
hanno vissuto
esperienze analoghe, non si accorgono di ragionare secondo quel che la
campana
suggerisce. L’Italia è ormai, con Austria e
Irlanda, il solo paese dell’Europa
occidentale a non garantire alcuna tutela giuridica alle coppie gay. E
perfino
una proposta ultramoderata e ben lontana dal riconoscere la
parità di diritti,
come quella del pacs, è motivo di opposizioni isteriche, e
di “amarezza” anche
nel centrosinistra.
Anche a voler essere indulgenti con
chi deve fare i conti
con il peso di una storia millenaria, che differenza concettuale
c’è fra la
discriminazione sulla base della “razza” e la
discriminazione sulla base di
altre caratteristiche ascritte dell’identità
individuale?
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