Elezioni
politiche 2013. Dichiarazione
di voto (in parziale dissenso con
l’“orientamento”
diffuso da
Critica
liberale).
di
Felice Mill Colorni
Concordo
ovviamente sul
fatto che l’obiettivo prioritario di questa campagna
elettorale sia battere
definitivamente B e il forzaleghismo. Non stupirà
però chi abbia letto la mia
“letterina di fine anno (e di fine
ventennio)”, e
le polemiche e le repliche
alle obiezioni seguite alla sua pubblicazione (si
può
ritrovare tutto nel sito
di Critica liberale o nel mio), che io mi auguri, come esito di queste
elezioni, una maggioranza parlamentare formata da Pd e lista Monti,
anziché
l’“autosufficienza” della coalizione
guidata dal Pd, come auspicato
nell’“orientamento”
diffuso da Critica liberale.
Penso che sarebbe stato molto più
opportuno limitarsi a dare la stessa indicazione espressa da
“Libertà e
Giustizia”, «a
favore di una delle formazioni
politiche che si impegnano a contrastare questa destra inetta e
illiberale che
ancora ci minaccia», indicazione in cui avremmo
potuto riconoscerci
tutti. Visti anche i candidati nella mia circoscrizione, io sono
orientato a
votare per il Pd alla Camera e per la lista Monti al Senato.
In
sintesi, non credo
che alcun singolo Stato delle dimensioni degli attuali Stati europei
possa avere il peso necessario a
permettersi scelte autonome nel campo delle politiche economiche
nell’era della globalizzazione, se non diventando
parte
di uno Stato federale europeo attualmente inesistente. Solo
nell’ambito
di una tale federazione gli europei potrebbero riconquistare qualche
possibilità di autodeterminazione democratica. In assenza di
una tale
federazione, sul piano meramente statale credo che non si possa fare
per ora molto
di più che tentare di evitare una catastrofe alla greca.
Anche per questo, per
usare la figura retorica introdotta proprio da Vendola, credo sia
preferibile
che Bersani abbia Monti come sua badante piuttosto che (il solo)
Vendola, che
reputo troppo incline alla tentazione di imporre alla futura
maggioranza
iniziative solo propagandistiche in campo economico, destinate
sicuramente a
rivelarsi a breve insostenibili a livello meramente statale se in
controtendenza rispetto al resto dell’Ue e dell’Eurozona, e
quindi alla fine
controproducenti
anche rispetto al loro scopo; ma pronto d’altra parte in
cambio di ciò – presumo
– a qualunque compromesso al ribasso con il Pd in materia di
laicità e diritti
civili (e, per conseguenza, di nessuna garanzia, neppure in questo
campo,
rispetto al totale agnosticismo della lista Monti in materia di
laicità e
all’eterogeneità assoluta di posizioni individuali
che vi si riscontra).
Questa
è una delle tre
ragioni – non però la più importante
– per cui, qualora fosse sostanzialmente
certa sulla base degli ultimi sondaggi la vittoria del premio di
maggioranza
alla Camera da parte del Pd, in astratto potrei addirittura, candidati
permettendo, votare per la lista Monti anche alla Camera. Anche
perché credo
che la maggior parte delle critiche che vengono mosse a Monti
sottostimino
immensamente le dimensioni del disastro ereditato dalla destra
populista e
l’inevitabilità di farvi fronte con provvedimenti
tempestivi, che sono risultati iniqui ma
che sono stati anche largamente obbligati date le circostanze. Non lo
farò solo
perché, al momento, è imprevedibile fin dove
possa arrivare l’ipotizzata
“rimonta” di B, reale o puro bluff che essa sia.
Solo ed esclusivamente per concorrere a scongiurare ogni più
remota possibilità di conquista del premio di maggioranza da
parte di B, alla Camera sono orientato, come detto, a votare per il
Pd.
C’è un altro
motivo contingente per cui non potrei comunque votare per la lista
Monti alla
Camera nella mia regione: trattandosi di una formazione del tutto
eterogenea,
soprattutto per quel che riguarda i diritti civili legati alla
laicità, nella
mia regione – il Friuli-Venezia Giulia – potrei
votarla, come penso farò, solo
al Senato, dove il candidato capolista, e verosimilmente eleggibile,
è un
parlamentare uscente del Pd non certo fra i peggiori
(messo alla porta in
ossequio all’ottusa regola populista –
«sono tutti uguali?» – del limite dei
mandati, identico per capaci e incapaci, onesti e disonesti – almeno
finché non colti proprio con le mani
nel sacco); ma, quand’anche la possibilità di una
rimonta di B fosse fuori
discussione, non potrei comunque fare altrettanto alla Camera, dove
è candidato
come capolista un talebano del comitato “Scienza e
Fede”, che avrebbero fatto bene
a estradare verso l’Udc da cui proviene. Per la Camera, come
detto, è soprattutto
l’incertezza sulle chances di B che mi costringe a votare per
il Pd, qui peraltro
rappresentato per lo più da candidati cattolici solo
più moderati del succitato
talebano – ma di fronte al rischio di un ritorno di B voterei
con convinzione
anche per Topo Gigio o Paperino, che se non altro risulterebbero meno
ridicoli e
screditati. Se non vi fosse alcun rischio di resurrezione di B, nella
mia
regione alla Camera non voterei né per il Pd né
per la lista Monti: potrei dare
un voto meramente dichiarativo a qualcuna delle formazioni toppo
piccole per
poter superare lo sbarramento, oppure annullare direttamente la scheda.
Considero
però molto
più importanti della prima la seconda e la terza delle
ragioni per cui mi
auguro una coalizione fra Pd e lista Monti, e non mi auguro invece
minimamente
una maggioranza autosufficiente della coalizione guidata da Bersani, ma
invece
la sconfitta di B e un risultato non deludente delle liste Monti. La
seconda
ragione riguarda il rischio di catastrofe che si aprirebbe se i
consensi
conseguiti dalla lista Monti andassero sprecati in più
regioni per il mancato
raggiungimento della soglia dell’8% necessaria a produrre un
risultato utile in
ciascuna regione per il Senato, e al tempo stesso il centrosinistra non
riuscisse a conquistare il premio di maggioranza senatoriale
né in Lombardia né
in Campania né in Sicilia: in questo caso, il
centrosinistra, se pure fosse
stato in grado di conseguire il premio di maggioranza alla Camera, non
potrebbe
formare una maggioranza parlamentare se non alleandosi o con B o con
Grillo.
Uno scenario politico da incubo che certamente non tarderebbe a
provocare una
catastrofe geopolitica, economica e sociale dalle proporzioni e dalle
conseguenze impensabili.
La
terza ragione, la
più importante di tutte, riguarda le regole del gioco e le
riforme elettorali e
costituzionali. Soprattutto in questo campo, il Pci/Pds/Ds/Pd ha
storicamente sempre
dato il peggio di sé e ha sempre mostrato il massimo
dell’arroganza e del
disprezzo per le minoranze quando si è sentito
più forte. L’assoluta disinvoltura
in materia di regole e la drammatica carenza di cultura delle regole,
ampiamente dimostrata da questo partito attraverso tutti gli anni di
fango del
berlusconismo,
lo porterebbe facilmente a optare per
un’ennesima riproposizione,
e forse per la costituzionalizzazione, del tendenziale bipolarismo che
ha
contrassegnato la funesta stagione della cosiddetta “seconda
repubblica”. E se
non solo la maggioranza di Bersani risultasse autosufficiente, ma se,
come tutti
i sondaggi suggeriscono, riuscisse anche alla coalizione di B di
riacchiappare saldamente
la seconda posizione, distanziando di molto la lista Monti, la
tentazione di
rianimare per l’ennesima volta B e il suo partito, per
spartirsi con questo
avversario indebolito il potere politico e di sottogoverno anche negli
anni a
venire, si farebbe fortissima per il Pd: e del resto questo
orientamento, perfettamente
in linea con la ventennale sciagurata politica del Pd in questo campo,
è già
chiaramente trapelato da varie dichiarazioni dello stesso Bersani; ed
è
perfettamente in linea – e quindi perfettamente smerciabile
agli elettori – con
venti o trent’anni di sproloqui sulla “democrazia
compiuta”, che consisterebbe
nel superamento della democrazia parlamentare in favore
dell’elezione diretta,
in un modo o in un altro, dell’esecutivo; e per di
più giustificabile
politicamente con l’obiettivo comune a Pd e B di far fuori il
grillismo, rivelatosi l’avversario più forte: non
però contrapponendovisi e sconfiggendolo nelle urne, ma
facendone propri alcuni temi cari alla cialtroneria populista e
cambiando le regole del gioco per liberarsene artificiosamente.
Operazione, del resto, già perpetrata a freddo anni fa da Pdl e
Pd, con la sostituzione della legge elettorale europea, a campagna
elettorale già praticamente iniziata, e al solo scopo di munirsi
di un efficace diserbante.
Obbligare
il Pd a una
coalizione con la lista Monti non basterebbe purtroppo a mettere in
sicurezza
la Costituzione dagli assalti ispirati alla ciarlataneria populista
“anticastale” – in realtà
antiparlamentare – degli anni di fango, ma renderebbe
con ogni probabilità impossibile l’ennesimo
“inciucio” sulle regole del gioco fra
Pd e partito o coalizione di B, scongiurando almeno il pericolo di
accordi fra
di loro in questo campo sopra la testa di tutti gli altri, che
comportassero una
riproposizione forzosa del funesto bipolarismo o del bipartitismo di
questi
anni ripugnanti, e tenendo così aperta per il futuro la
permeabilità del sistema
politico alla partecipazione e all’affermazione di forze
(almeno inizialmente) minori
– sola realistica possibilità
quest’ultima, come l’esperienza del nefasto
diciottennio berlusconiano ha ormai ampiamente dimostrato, per
consentire la
futura rappresentanza nel sistema politico anche di forze politiche
potabili:
laiche o liberali (o ambientaliste, o socialiste, ecc.) per quanto
minoritarie.
Dopo ormai più di trent’anni di vita da straniero
in patria, troverei
intollerabile continuare a non essere minimamente rappresentato,
neppure alla
lontana, nelle istituzioni rappresentative della Repubblica, a ogni
livello,
anche nel prevedibile futuro.
Per
quel che riguarda
le elezioni regionali, dove vince il candidato che ottiene la
maggioranza
relativa, se fossi un elettore lombardo, non avrei esitazioni a votare
per
Umberto Ambrosoli, che pure ha inopinatamente e maldestramente messo in
ombra
in questa campagna elettorale la sua caratterizzazione distinta da
quella di
gran parte della sua coalizione (con modesto vantaggio diretto di
Albertini e
indiretto – e ben maggiore – per la destra
populista uscente). Una sua
(difficile) vittoria consentirebbe di spazzar via la coalizione
berlusconiano-leghista proprio nella sua roccaforte, accelerandone
potenzialmente di molto il definitivo disfacimento anche a livello
nazionale.
Senza
alcun entusiasmo,
e al solo fine di sconfiggere una coalizione uscente
berlusconiano-leghista
(con aggiunta di Udc), credo che voterò per la candidata del
centrosinistra
anche alle regionali della mia regione, che si terranno un paio di mesi
dopo le
politiche. Riservandomi ovviamente una decisione definitiva quando
saranno note
liste e candidati presenti.
Non
potrei invece fare
altrettanto se fossi un elettore laziale (dove tra l’altro la
sconfitta della
destra è più scontata e ha comunque un ruolo
molto meno cruciale che in
Lombardia), dato il comportamento totalmente indifendibile del
centrosinistra
in quella regione: dal pieno coinvolgimento nello scandalo della
gestione dei
fondi del Consiglio regionale fino al modo – del tutto
subalterno alla
ciarlataneria populista dominante – di porre sullo stesso
piano («Sono tutti
uguali»?) i ladri (salvati poi, per lo più, con
candidature al Parlamento) e
chi li aveva denunciati, cioè i due consiglieri radicali
uscenti. La tentata
alleanza fra radicali e Storace – campione assoluto di
malgoverno regionale e di
clericofascismo – mi impedirebbe però di votare
anche per la lista radicale (qui
e altrove: per le ragioni indicate in un mio recente commento a uno
“spillo” del
sito di Critica liberale).
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