Stupro di fine vita
di Felice Mill Colorni
Esperti psicologi e tuttologi frequentemente richiesti dai
media di commentare casi eclatanti di violenza carnale sono soliti spiegare che
a motivare gli stupratori non sarebbe tanto il desiderio di procurarsi piacere
sessuale, quanto quello di esercitare il proprio dominio sui corpi altrui:
soprattutto se e quando le vittime sono bambini o disabili, cioè persone
incapaci di opporre resistenza.
Se davvero le cose stanno così, la legge in materia di
testamento biologico attualmente in discussione nel Parlamento italiano è,
letteralmente, un tentativo e una promessa di stupro di massa ai danni di tutti
coloro che, nella loro vita privata, non intendono seguire le prescrizioni
dalla gerarchia cattolica italiana in materia di fine vita e non avranno la
fortuna di morire all’improvviso oppure all’estero.
Abbiamo scritto “prescrizioni dalla gerarchia cattolica
italiana”, perché il trattamento in questione è quello riservato ai paesi
invertebrati: in Germania sono addirittura gli stessi vescovi cattolici che,
assieme alle chiese protestanti, hanno predisposto i formulari per disposizioni
di fine vita che riconoscono il pieno diritto di rifiutare la tortura e
l’accanimento che in Italia la maggioranza dei politicanti sembra intenzionata
a voler imporre indiscriminatamente a tutti i malati non più in grado di
rifiutarli con attuali manifestazioni di volontà. Del resto l’orientamento
prevalente del magistero cattolico in materia di fine vita si dimostrava
nettamente meno estremista perfino ai tempi di Pio XII.
I politicanti che oggi intendono rendere questo stupro di
massa obbligatorio in Italia – i senatori che hanno già votato il progetto di
legge e i deputati che si apprestano a fare altrettanto – hanno stabilito, come
è noto, non solo che la volontà espressa dall’individuo sulla sorte della propria
vita e del proprio corpo perda ogni valore dopo tre anni se non rinnovata a
ogni scadenza davanti a un notaio, e che sia sostituita d’imperio dalla loro
volontà di perfetti estranei trasformata in legge, ma che il medico scelto
dall’interessato (finora in base a tutt’altri criteri), o quello cui capiterà
casualmente di effettuare interventi d’urgenza, possa a suo imperscrutabile
arbitrio decidere di non tenerne conto in qualsiasi momento. E hanno stabilito
che praticare un buco nello stomaco di un individuo per mantenerlo
artificialmente in vita in stato di totale o parziale incoscienza,
sottoponendolo contro la sua espressa volontà ad alimentazione artificiale
forzata, costituisca una pratica non solo lecita ma addirittura doverosa e
impossibile da interrompere una volta iniziata. Doverosa perché un tale
intervento chirurgico, secondo il progetto di legge in discussione, non sarà più
considerato dalla legge un atto medico, ma una pratica assistenziale. Non risulta
però che gli onorevoli stupratori pensino che un tale intervento possa essere
effettuato da un panettiere o da un elettricista, come ha scritto nel forum del
sito Internet di Critica Franco Del Campo, e come sarebbe conseguente alla
premessa; e non risulta neppure che abbiano al contempo disposto di risparmiare
a chiunque, non medico, compia un tale intervento, l’incriminazione per lesioni
volontarie e per esercizio abusivo della professione sanitaria.
Solo una società civile dall’encefalogramma ormai totalmente
piatto e priva di ogni capacità reattiva può tollerare un tale insulto ai più
elementari principi di rispetto per la stessa inviolabilità dei corpi umani altrui
e della sfera più personale dell’intimità di ciascuno da parte dello Stato,
della politica, dei partiti: in definitiva da parte di politicanti che non si
capisce neppure come possano aver pensato di arrogarsi il diritto di assumere decisioni
del genere al posto di tutti gli individui interessati, con le loro diverse
scelte di vita e intuizioni del mondo, in un’epoca e in società caratterizzate
come mai prima d’ora da una così ampia varietà e pluralità di orientamenti
culturali, filosofici e religiosi.
E solo un meneur travolto
da delirio di onnipotenza e sicuro del suo controllo ormai totale sul sistema
politico-mediatico e del carattere totalmente invertebrato del paese che domina,
dei suoi dipendenti e dei suoi presunti oppositori può farsi beffe dei suoi
elettori fino al punto di affermare che un tale totale asservimento della
volontà individuale a quella dello Stato costituisca una manifestazione della
sua opposizione allo “statalismo”. Orwell è stato superato dalla realtà di
un’Italia che sarebbe ormai solo pagliaccesca se non fosse tragica.
Non può essere soltanto incapacità di comprendere il senso elementare
delle parole (incapacità che peraltro abbonda): dev’esserci anche il gusto di
sapersi ormai così sicuro della propria irresponsabilità e impunità per
qualunque scelta, e così totalmente padrone della volontà dei propri sottoposti,
da poterli forzare a seguirlo anche sulla strada della sfida a ogni
ragionevolezza, fino anzi a sfidare un’opinione pubblica che tutti i sondaggi
indicano massicciamente schierata sul fronte opposto, ma che ormai appare tanto
disarticolata e incapace di far valere la propria volontà quanto quella di un
paese totalitario.
Non stupisce neppure più la debolezza estrema della risposta
dell’opposizione a eccessi di tracotanza così inverosimili: sappiamo da tempo
che la spirale involutiva che ha investito negli ultimi quindici anni la
politica italiana ha portato un estremismo oscurantista e clericale del tutto sconosciuto
nel resto dell’Occidente europeo (o presente solo in minuscole frange lunatiche
dell’estremismo extraparlamentare di destra) non solo a esprimere quasi per
intero il “pensiero” di una destra primitiva, ma ad essere una presenza
radicata e riconosciuta come componente legittima della stessa opposizione di
“centrosinistra”. Era evidente che qualunque legge approvata da questo
Parlamento non avrebbe potuto che essere nettamente peggiore dell’assenza di
legge. (Eppure, pervicacemente incapace di voler finalmente capire con chi ha a
che fare, nel centrosinistra c’è chi prepara il rilancio su larga scala,
concorrendo a mettere nelle mani di questa stessa maggioranza la riscrittura
dell’intera Costituzione).
Non cessa invece di stupire la sottomissione, anche su
questi temi, di un’informazione che si vorrebbe ancora “indipendente” e
“moderata”, e un tempo almeno nettamente schierata a difesa di elementari
principi minimi di civiltà e di laicità delle istituzioni, anche di fronte a pretese
relativamente più modeste, come quelle dell’integralismo democristiano di
trent’anni fa in materia di divorzio e di aborto. Oggi invece è normale leggere
sul Corriere della Sera, e neppure da parte di commentatori di formazione o di
orientamento clericale, che costituirebbero nella sostanza “opposti estremismi”
da un lato la legge approvata dal Senato e dall’altro l’affermazione di un
banale principio di civiltà come quello dell’inviolabilità fisica dei corpi umani
altrui. Com’è possibile intravedere una qualunque simmetria fra il tentativo di
imporre lo stupro di massa e il principio di autodeterminazione degli individui
sulla loro propria vita e sul loro proprio corpo?
Di fronte a un imbarbarimento ormai così privo di argini
sembra perfino inutile richiamare all’esercizio del raziocinio, richiedere coerenze
minime. Gli ambienti che oggi propugnano impunemente lo stupro e la tortura di
massa, non solo come soluzione da adottare in mancanza di indicazioni di
volontà difformi da parte degli interessati, ma addirittura in loro espressa
violazione, sono gli stessi che da anni predicano che non tutto quel che è reso
possibile dalla tecnica deve per questo essere considerato lecito: come,
secondo loro, suggerirebbe lo “scientismo”. Oggi affermano, all’opposto, che
tutto quel che oggi è reso possibile dalla scienza e dalla tecnica in materia
di procrastinamento artificiale dell’esistenza in vita deve essere considerato non
solo lecito, ma obbligatorio e imponibile d’imperio anche a chi l’abbia espressamente
rifiutato per sé. Anche se il risultato fosse un’agonia a tempo indeterminato,
senza neppure la possibilità di sapere se l’interessato provi o meno sofferenza
fisica: come si è detto (ferocemente, per giustificare anziché per escludere
l’accanimento!) a proposito di Eluana Englaro. Non è possibile immaginare un assoggettamento
più completo dell’umanità alla tecnica di quello che ora i suoi abituali
denigratori pretendono di imporci.
E se il cinico asservimento di una politica ormai priva di
qualunque minimo standard occidentale in materia di etica pubblica fa specie ma
non stupisce, e non stupisce neppure più l’assenza di qualunque tentativo di
pretenderne il rispetto da parte di un’opposizione che sta perdendo anch’essa
ogni riconoscibile identità civile, suscita ormai più commiserazione che
rancore il disperato utilizzo di questa politica italiana indecente da parte
della gerarchia cattolica. Consapevole di non essere più capace di convincere
le coscienze, soprattutto nelle materie che riguardano l’autodeterminazione
degli individui nelle loro scelte di vita private, ma di potere al più contare
su credenze vaghe e affievolite e che spesso rasentano o si identificano con
superstizioni totalmente pagane, questa gerarchia accetta soddisfatta di
ottenere da politicanti impresentabili quel che pensava di avere perso ormai da
secoli: l’assoggettamento e il dominio simbolico e materiale illimitato e
incontrollabile sui corpi altrui, anche e soprattutto su quelli dei propri
avversari. Oltre che, naturalmente, di poter continuare a spremere dalle loro
tasche flussi inesauribili di risorse pubbliche, di denaro, di ricchezze, di
visibilità mediatica, di prestigio; sottraendosi al contempo a ogni confronto
di opinioni libero e paritario che se avesse luogo la vedrebbe soccombere oggi
come e più che trent’anni fa. Preferisce invece tollerare che politicanti e
giornalisti amici si abbandonino al miserabile linciaggio mediatico del padre
di Eluana Englaro.
Come nel ’29, si incontrano due poteri divorati da una
smisurata volontà di potenza. Ma in una società ormai secolarizzata come quella
italiana, il ritorno alla più cieca barbarie oscurantista ben rappresentato da
questo disegno di legge fa ormai perdere ogni carattere di iperbole al paragone
fra il miserevole stato dell’Italia di oggi e i fondamentalismi cresciuti all’interno
del mondo islamico negli ultimi trent’anni. Narcotizzata da un’informazione per
lo più asservita, la società italiana non si accorge neppure che i suoi
rappresentanti politici l’hanno ormai resa un paese culturalmente
extracomunitario.
Da
Critica liberale, n. 160-161, febbraio - marzo 2009.
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