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Sull’annuncio della legislazione antiebraica a Trieste nel 1938 da parte di Mussolini.

di Felice Mill Colorni

[Replica all’osservazione secondo cui, all’annuncio dell’introduzione della legislazione discriminatoria antiebraica, fatto da Mussolini nella sua visita a Trieste nel 1938, «gli applausi furono, in realtà, molto tiepidi. E ciò fa[rebbe] onore alla città»]

Insomma … mi sembra un onore concesso assai a buon mercato. Trieste era la città italiana in cui gli ebrei erano più numerosi in proporzione alla popolazione e meglio integrati a tutti i livelli della società. E grande entusiasmo per le leggi razziali non ci fu in nessuna parte del paese, se non negli ambienti del fascismo militante più demente e in qualche settore clericale particolarmente oscurantista. Annunciare le discriminazioni “razziali” proprio a Trieste fu da parte di Mussolini una prova di forza particolarmente provocatoria. In realtà i triestini, come il resto degli italiani, ma nel loro caso con ancor minori attenuanti, accettarono per lo più anche le discriminazioni contro gli ebrei così bovinamente come avevano accettato tutti gli altri soprusi della dittatura, soprattutto finché non ne fossero toccati personalmente. E molti, negli anni successivi, collaborarono attivamente alla persecuzione. È vero che non si può giudicare un popolo che vive sotto un governo dittatoriale e totalitario come se fosse libero di esprimersi, ma non meritano nessun “onore” una popolazione – e ancor più una classe dirigente – che, dopo essersi faticosamente adeguati agli standard politici della civiltà politica liberale europea e occidentale del tempo nel mezzo secolo precedente, sopportano poi per vent’anni il governo di un delinquente ciarlatano, e se ne liberano solo dopo essere stati portati alla catastrofe e alla rovina anche materiale. Ogni allusione a eventi di decenni successivi è puramente casuale. Ma un’antica vocazione servile è purtroppo parte integrante e ricorrente dell’“autobiografia della nazione”.

27 gennaio 2013

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