Contro
i limiti di mandato
di
Felice Mill Colorni
A
me questa storia dei
limiti di mandato sembra altrettanto schematica e controproducente
quanto i
“tagli lineari” al bilancio alla Tremonti. Potrà
non
piacere, ma non
c’è nessuna democrazia moderna che possa fare a
meno di una classe politica
professionale: l’alternativa sono i dilettanti allo sbaraglio
di cui B ha
riempito il Parlamento dal ‘94 in poi con esiti disastrosi.
Oppure (o piuttosto
anche) un rafforzamento della ciarlataneria populista. Né
Churchill né
Mitterrand né Pertini né Brandt divennero
Churchill Mitterrand Pertini e Brandt
in due mandati (qualunque cosa si pensi di ciascuno dei quattro). Il
problema
semmai è la qualità davvero pessima di quasi
tutti gli effigiati [nell’immagine
che corredava il post da cui trae origine questo commento]. Ma non
credo ci sia
una soluzione “tecnica” o normativa alla catastrofe della
democrazia
italiana. Il problema è che purtroppo le qualità
richieste per vincere le
elezioni hanno poco a che fare con quelle richieste per governare o per
esercitare l’opposizione. Ma questo non si risolve con il
limite dei mandati.
Non
intendevo certo
obiettare che un ricambio sia indispensabile e urgente. Però
io penso che il
limite di mandato – che dopo tutto è anche un
limite alla libertà di scelta
dell’elettore – si giustifichi solo per le
posizioni esecutive di vertice. (Tipicamente
per i presidenti americani, che hanno il dito sull’arma
nucleare). Invece non
ho proprio la minima speranza nelle virtualità di un
ricambio che sia, anziché
politico, meramente biologico o generazionale. Un ricambio simile
l’abbiamo già
sperimentato, proprio nel ‘94. Quel ricambio ha migliorato
solo la capacità
della classe politica di esprimere in anglo-meneghino o in
anglo-romanesco
sciocchezze uguali (e più spesso peggiori) a quelle che la
generazione
precedente per lo più esprimeva in italiano regionale o
dialettale, e per il
resto ha peggiorato le cose fino all’inverosimile. Purtroppo
non vedo affatto,
soprattutto nelle classi politiche giovanili dei partiti maggiori,
altro che la
riproposizione con facce nuove della stessa tragedia. Il ricambio
– politico e
non solo biologico – potrebbe avvenire con un mutamento dei
criteri di
selezione, soprattutto introducendo uno statuto pubblico dei partiti,
ripristinando la parità nel diritto di accesso alle
trasmissioni elettorali e
adottando una legge elettorale che spezzi il duopolio, o
l’oligopolio, attuale.
Il contrario di quel che si sta facendo, insomma. Ma anche qualcosa di
molto
diverso dalle soluzioni più semplici che godono di molta
popolarità in rete.
19 agosto 2012
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