Una
sola
riforma costituzionale necessaria
di
Felice Mill Colorni
Abbiamo evitato di diventare anche formalmente una repubblica delle
banane.
Calderoli non è il nuovo padre della patria. La costituzione
sua, di
Berlusconi, Bossi, Fini, Schifani, Buttiglione, Previti, Tremaglia,
Dell’Utri,
Castelli, Cirielli, Borghezio e Gasparri non ha sostituito quella di De
Nicola,
Einaudi, Calamandrei, Saragat, Parri, De Gasperi, Croce, Lussu e
Terracini.
Così, se in futuro capiterà di eleggere un capo
del governo corrotto, inetto o
ciarlatano, non saremo almeno tenuti a tenercelo cementificato per
un’intera
legislatura fino allo sfascio definitivo del paese. Le garanzie
costituzionali
non sono state annichilite dall’onnipotenza di una
maggioranza parlamentare e
del suo “capo”, e la Corte costituzionale non
sarà un’inutile terza camera,
terreno esclusivo di caccia delle segreterie di partito. Anche questo
pericolo
l’abbiamo almeno scampato, a poche settimane dal rischio
concreto di ritrovarci
altri cinque anni di governo populista, e magari Berlusconi negli
incongrui
panni di “capo” di una tale repubblica. Purtroppo
siamo al punto di doverci
rallegrare perfino di risultati come questi, che in qualunque altro
paese
occidentale, più ancora che scontati, non sarebbero neppure
mai stati
possibili, perché elezioni con protagonisti come quelli
italiani del maggio
scorso e un referendum costituzionale come quello dello scorso 25
giugno
sarebbero stati semplicemente impensabili.
I nostri concittadini vivono purtroppo, da ormai quasi un quindicennio,
sotto
una campana mediatica che fa loro sembrare normali cose che pongono
l’Italia ai
margini estremi della democrazia liberale e della civiltà
politica
dell’Occidente europeo, e probabilmente già oltre.
Come ebbe a dire tempo fa il
presidente del gruppo liberale al Parlamento europeo,
l’Italia di questi anni,
se non ne fosse già membro, non avrebbe i requisiti politici
minimi per
richiedere l’ammissione nell’Unione europea, i
requisiti cui devono sottostare
i paesi appena usciti da decenni di totalitarismo e dittatura. In
questi anni
la regressione culturale e civile del paese ha assunto dimensioni
mostruose, e
siamo a rallegrarci del fatto che “soltanto” un
terzo abbondante dei nostri
concittadini elettori abbia approvato una costituzione che ormai
sarebbe
improponibile in qualunque paese dell’America latina. Ma la
debolezza estrema
della cultura liberale in Italia, l’inesistenza di un
establishment degno del
nome e capace di fare da argine a queste follie, rendono
l’anomalia italiana
irriconoscibile perfino agli occhi della grande maggioranza degli
stessi
avversari del populismo straccione della destra italiana.
Continueremo per decenni a sopportare le conseguenze di questa stagione di regressione civile, perché ormai un’intera generazione di italiani si è formata alla vita pubblica considerando normale quel che al di là delle Alpi e al di là dell’Atlantico è considerato impensabile. Alle numerose voci di chi continua, nonostante il risultato del referendum, nonostante l’esperienza della bicamerale, nonostante le drammatiche urgenze cui l’Italia deve far fronte, ad affermare che riforme della Costituzione vigente costituiscono una priorità e un’urgenza, crediamo si debba rispondere che la sola riforma costituzionale che davvero ci sembra necessaria è un rafforzamento della rigidità della Costituzione vigente, in modo da sottrarre le garanzie della democrazia liberale e i diritti di libertà dei cittadini all’arbitrio di una qualunque futura maggioranza parlamentare. E, unitamente a tale rafforzamento, un adeguamento delle maggioranze e dei quorum previsti per l’elezione degli organi di garanzia all’avvenuto mutamento del sistema elettorale, dato che quelli previsti dalla Costituzione vigente erano stati stabiliti sulla base del tacito presupposto che il sistema elettorale per le elezioni politiche sarebbe stato quello proporzionale puro, senza alcun premio di maggioranza
Anzi, dato che
si dice che il nostro è ormai uno Stato federale, saremmo
ben
lieti che venisse adeguato a tale modello anche il procedimento di
revisione
costituzionale. Come negli Stati Uniti d’America: maggioranza
necessaria dei
due terzi dei componenti sia della Camera che del Senato, e
approvazione
necessaria, sempre a maggioranza dei due terzi, da parte dei tre quarti
dei Consigli
regionali. Perché le garanzie costituzionali sono una cosa
più preziosa e più
seria di quel che pensano non solo gli sprovveduti imbonitori della
destra, ma
anche troppi praticoni del centrosinistra, spregiatori fino
all’altro ieri dei
formalismi della “democrazia borghese” in nome del
suo
“superamento” e
“inveramento” nelle forme di una
“democrazia
sostanziale” di cui i loro partiti
sarebbero stati migliori garanti e custodi e alla cui guida il loro
“moderno
principe” collettivo sarebbe stato migliore, più
efficiente e più innovatore
del vecchio e polveroso governo delle leggi.
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