Berlusconi
exit?
di
Felice Mill Colorni
Silvio
Berlusconi non è
stato soltanto – e non è certo dir poco
– il più nefasto politicante nell’intera
storia dell’Italia repubblicana, senza neppure possibili
paragoni, e senza le giustificazioni,
che i peggiori fra i suoi predecessori potevano forse avere, dei
condizionamenti internazionali della guerra fredda. È
nell’intera storia dell’Europa
occidentale dal 1945 a oggi che non era mai apparso sulla scena
politica un
altro singolo individuo intenzionato e capace di nuocere
così profondamente
alla civiltà del proprio paese, e con conseguenze destinate
a protrarsi per
decenni, anche nel caso, tutt’altro che scontato, che quella
di oggi sia stata davvero
finalmente la sua uscita definitiva dalla scena politica italiana.
Non
si tratta soltanto
della catastrofe economica e finanziaria che è stata
l’inevitabile approdo
finale degli “anni di fango” del berlusconismo.
Questa catastrofe è forse
riuscita a convincere quel che è sopravvissuto della classe
dirigente italiana
a rendersi conto che alla catastrofe civile non può che
seguire alla lunga
anche la rovina comune. Negli ultimi dieci anni, otto dei quali
dominati da
Berlusconi, l’Italia è stata relegata agli ultimi
posti nel mondo in termini di
sviluppo economico, con tassi di sviluppo superiori solo a quelli di
una
manciata delle economie più disastrate di quella parte
residua del Terzo Mondo
che non ha tratto benefici dalla globalizzazione. Da questo punto di
vista,
tutte le mancate riforme, le mancate liberalizzazioni, le mancate
privatizzazioni, le mancate dismissioni di questi anni, dovranno essere
effettuate ora, nel pieno della crisi e sotto la minaccia incombente
del
fallimento, con costi economici e sociali neppure paragonabili a quelli
che vi sarebbero
stati con una classe politica responsabile e lungimirante. E altri
costi
diretti degli anni di fango del berlusconismo sono quelli, solo in
piccola
parte già calcolabili, della “bolletta
Berlusconi” che i contribuenti italiani
dovranno pagare nei prossimi decenni per effetto della crescita
astronomica del
servizio del debito pubblico e dello scivolamento all’ultimo
o penultimo posto
fra le economie europee. Per non parlare dei costi sociali imposti dai
tagli
effettuati, e da quelli che saranno resi purtroppo ineluttabili dal
disastro
politico che ha spinto l’Italia nella prima linea della crisi
globale.
Ma
la causa politica
che ha moltiplicato in Italia gli effetti della crisi globale
è tutta nella storica,
gigantesca regressione civile che il berlusconismo ha imposto per
diciotto anni
all’Italia. Gli anni di fango sono stati gli anni del
rimbambinimento e del
rimbecillimento totale di una vita politica nazionale ridotta a
pubblicità, gli
anni della dimissione a tutti i livelli del senso di
responsabilità
individuale, gli anni dell’azzeramento della già
scarsa educazione civica
diffusa fra gli italiani, gli anni della perdita completa della memoria
civile
e della riabilitazione strisciante del fascismo storico, gli anni del
trionfo
politico e legislativo dell’oscurantismo clericale estremista su una società pienamente
secolarizzata, gli anni dell’affievolimento e della
delegittimazione di tutti i
freni e contrappesi costituzionali, gli anni dell’assalto al
denaro dei
contribuenti da parte di tutte le consorterie legate al potere
politico, di
tutte le corporazioni protette, di tutte le cricche e di tutte le
mafie, gli
anni di un degrado civile mai visto in precedenza – di nuovo:
non è certo dir
poco – gli anni della lotta politica ridotta alle palate di
fango e al
dossieraggio, gli anni del trionfo del populismo plebeo, gli anni del
discredito internazionale assoluto, dell’azzeramento del peso
dell’Italia in
Europa.
Non
ci si può far
governare per anni da uno così, buttatosi in politica solo
per salvare se
stesso dalla giustizia penale e le proprie aziende dal dissesto, e
pensare di
non pagarne le conseguenze. Non si può elevare un individuo
come Berlusconi a
protagonista assoluto della politica italiana per diciotto anni di fila
e
pensare che il resto del mondo, e i mercati mondiali, non se ne
accorgano.
La
smisurata potenza di
fuoco mediatica, regalatagli dalla peggiore politica della cosiddetta
“prima
Repubblica” e che ha portato Berlusconi al potere diciassette
anni fa, ha
largamente contaminato anche la maggior parte dei suoi avversari, che
non hanno
avuto la cultura politica, la probità civica e il coraggio
necessari a
contrastarlo senza riserve fin dall’inizio come avrebbero
dovuto, e che lo
hanno anzi elevato al rango di nuovo possibile “padre
costituente” ai tempi
della bicamerale. E ora è troppo tardi per rimediare in
pochi mesi al disastro.
Perfino il vocabolario della politica ne è uscito distrutto
e ogni parola ha
perso il suo significato come nel romanzo di Orwell.
Un’intera generazione di italiani comuni è stata socializzata alla politica pensando che quel che aveva sotto gli occhi fosse una normale dialettica democratica fra un normale “centrodestra” e un normale “centrosinistra” europei. Per questo c’è ben poco da sperare da un ricambio soltanto biologico o generazionale. Ora per molti italiani deve cominciare un doloroso e incerto processo psicologico: rendersi conto e accettare l’idea di avere sostenuto per diciotto anni, o di non avere avversato come avrebbero dovuto, una politica fatta soltanto di malgoverno, malversazioni, ciarlataneria e analfabetismo civile. Per molti elaborare il lutto sarà uno sforzo insostenibile. Come tanti “ragazzi di Salò”, che hanno impiegato una vita intera a cercare di giustificare una tragica fesseria, magari inconsapevolmente commessa all’età di quindici anni ma con tragiche conseguenze per il paese, ora milioni di italiani, vissuti per anni sotto la rassicurante campana mediatica fornita da giornalisti servi della politica, cercheranno nei prossimi decenni di autoassolversi e di trovare giustificazioni per sé e per gli affossatori di quella che era un tempo – bene o male e magari più male che bene – l’Italia europea. Ne avremo ancora per mezzo secolo, probabilmente.
Dal sito Internet di Critica
liberale e dalla pagina Facebook di Felice Mill Colorni, 12/11/2011.
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